Passo indietro del governo
via le norme, salta il referendum
Palazzo Chigi ha deciso di andare oltre la moratoria di due anni stabilendo lo stop. Dietro la scelta i timori per il raggiungimento del quorum anche sul quesito per abrogare il legittimo impedimento. Di Pietro: "Truffa dettata dalla paura" di VALERIO GUALERZI
Passo indietro del governo via le norme, salta il referendum Lavori nella vecchia centrale nucleare di Montalto di Castro
ROMA - Il governo ha deciso di soprassedere sul programma nucleare ed ha inserito nella moratoria già prevista nel decreto legge omnibus, all'esame dell'aula del Senato, l'abrogazione di tutte le norme previste per la realizzazione di impianti nucleari nel Paese. Si tratta di un emendamento che recita: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".
Salta il referendum. Una scelta che avrà con ogni evidenza l'effetto di far decadere il quesito referendario 1per l'abrogazione della legge con cui si apriva la strada al ritorno dell'energia atomica in Italia.
Le promesse di Scajola. Il provvedimento in questione era stato uno dei primi varati dal governo e risale al giugno del 2008. Un decreto legge, il n. 112, "convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133" per la "realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare". Un'accelerazione che aveva convinto l'allora ministro dello Sviluppo
Economico Claudio Scajola ad annunciare incautamente che il governo avrebbe ottenuto la posa della prima pietra 2di una nuova centrale nientemeno che entro la fine della legislatura.
Il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha cercato quindi di ridurre la portata del voltafaccia spiegando che la ricerca sul nucleare "deve andare avanti" anche se l'Italia ha deciso di sospendere il suo ingresso nella produzione di energia.
Bersani esulta. "Il governo scappa dalle sue stesse decisioni- esulta invece il segretario del Pd Pierluigi Bersani - E' una vittoria nostra di chi, ben prima del Giappone, ha messo in luce l'assurdità del piano del governo". "Ora - aggiunge - il problema è uscire dall'assurdità e dire che politica energetica si vuole fare, perché non basta dire addio al nucleare ma bisogna aiutare lo sviluppo delle rinnovabili, che attendono una risposta dopo il disastro del governo con il recente decreto".
Lo scetticismo di Tremonti. La scelta dell'esecutivo di fare marcia indietro era stata in qualche modo anticipata da una serie di uscite degli ultimi giorni del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, molto critiche nei confronti dell'opportunità di massicci investimenti sul nucleare. Dichiarazioni culminate oggi con l'intervento davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo. Tremonti in quella sede ha sostenuto l'opportunità di finanziare lo sviluppo delle energie alternative nel quadro di investimenti pubblici di interesse collettivo. "Questa fase - ha detto Tremonti - va utilizzata anche per sostenere investimenti pubblici destinati a operazioni di interesse collettivo. Il finanziamento delle energie alternative risponde a questa esigenza".
Sondaggi allarmanti. Stando ad indiscrezioni, la scelta di cassare del tutto le ambizioni nucleari sarebbe stata dettata a palazzo Chigi da allarmanti indicazioni sulla possibilità che il referendum, anche sulla scia dell'allarme per la catastrofe giapponese raggiungesse il quorum necessario per la sua validità. In particolare un sondaggio realizzato la scorsa settimana avrebbe dato al 54% la percentuale di italiani intenzionati a recarsi alle urne il 12 e 13 giugno.
Referendari indignati. Per questo motivo la decisione del governo è stata accolta con un certo fastidio dai comitati promotori e dalle forze politiche che più di tutte si erano impegnate per la loro realizzazione, Idv in testa. La scomparsa del quesito sul nucleare rischia infatti di produrre una smobilitazione in grado di mettere a repentaglio l'ottenimento del quorum, con il conseguente fallimento della battaglia contro la privatizzazione dell'acqua e - sopratttutto - contro la norma sul legittimo impedimento che rischiava di trasformarsi, in caso di successo, in un plebiscito contro Silvio Berlusconi.
Di Pietro: "Una truffa". "Il governo - denuncia Antonio Di Pietro - tenta, con l'emendamento che blocca la costruzione di centrali nucleari, di truffare con un colpo di mano i cittadini ed evitare il referendum". "Tenta in realtà di disinnescare la mina dei referendum, perché - spiega ancora - la paura fa novanta e si teme che il referendum sul nucleare trascini con sé anche quello, ben più temuto dal premier, sul legittimo impedimento". "Se si volesse rinunciare al nucleare - dice ancora il leader Idv - noi ne saremmo felici, ma allora si deve procedere con l'abrogazione dell'intera legge. Il parlamento - incalza Di Pietro - non deve insomma giocare a rimpiattino. Il governo riconosca di aver fatto un errore, ma non creda di fermare il referendum con un giochino".
Governo vigliacco. Posizione in buona parte condivisa dalla componente ecologista del Pd. "Addio al referendum sul nucleare - dichiarano i senatori democratici Roberto Della Seta e Francesco Ferrante - Il governo vigliaccamente toglie la parola agli elettori, portando in aula un emendamento al decreto omnibus che verrà votato tra oggi e domani che intende abrogare le disposizioni relative alla realizzazione degli impianti nucleari". E addio anche - aggiungono - alla moratoria di un anno, perché la procedura viene semplicemente sospesa sine die, in attesa forse di tempi migliori e sicuramente dopo avere aggirato l'ostacolo del referendum che avrebbe bocciato l'avventura nuclearista del governo".
Ferrero: "Azione da banditi". "Lo stop del governo al folle programma nucleare - rincara il presidente dei Verdi Angelo Bonelli - non è per convinzione ma per paura e necessità: paura di perdere le elezioni amministrative e di venire travolto dal referendum del 12 e 13 giugno che avrebbero portato anche alla completa abrogazione della legge sul legittimo impedimento". Ancora più duro Paolo Ferrero di Rifondazione comunista. "Il governo - dice - cerca in tutti i modi di far fallire i referendum di giugno. Prima ha impedito l'election day con uno sperpero di 300 milioni di euro. Adesso cancella una norma per abolire il referendum sul nucleare, magari per poi ritirare fuori il piano nucleare tra qualche mese. Sono dei banditi che utilizzano il potere per impedire la partecipazione popolare di cui hanno paura. Si tratta dell'ennesima truffa a cui i cittadini hanno il potere di rispondere andando a votare in massa per i referendum su acqua e legittimo impedimento".
(19 aprile 2011) REPUBBLICA.IT
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