martedì 28 luglio 2009

Afghanistan, governo diviso. Ma il Pd cosa fà?

Sulla questione Afghanistan, il governo italiano si spacca.
Da una parte la Lega Nord, che per voce di Bossi prima e Calderoli poi, invoca il ritiro immediato da quelle zone congiuntamente al ritiro da Kosovo e Libano, dall'altra il Pdl che con il ministro degli Esteri Frattini ha dato la disponibilità agli Usa di un aumento di uomini e mezzi del contingente italiano.
Uno strappo nella maggioranza che però i capigruppo leghisti alla Camera ed al Senato, si affrettano a ricucire.
Anche il ministro della Difesa La Russa, si è impegnato a salvare "l'unità" della destra dicendo che Bossi ha promesso che la Lega si atterrà alle decisioni della maggioranza.
E in tutta questa confusione l'opposizione che fà?
L'Udc di Casini chiede che il governo riferisca in parlamento, mentre il Pd accusa il governo di non garantire ai militari la "compattezza" necessaria, ma assicura il voto favorevole alla permanenza del contingente italiano in Afghanistan.
L'unico contrario Di Pietro e la sua Italia dei Valori che ricorda che la stessa IdV è sempre stata contraria alla guerra, affermazione a nostro giudizio un pò dubbia.

Per saperne di più potete leggere anche l'articolo di Senza Soste qui riportato.

http://www.senzasoste.it/editoriali/afghanistan-il-vietnam-italiano-ecco-gli-indizi.html

Allarme mare monstrum



di Letizia Gabaglio

Coste sommerse. Acque calde. E milioni di persone costrette a trasferirsi. I ricercatori ne sono certi: il futuro del Mediterraneo è pieno di rischi

Pensate al Delta del Nilo così com'è oggi: terreni fertili, località turistiche, città ricche di storia e tradizioni. E ora sforzatevi di immaginare come sarà alla fine del secolo se, come si stima, il mare si sarà alzato di un metro: un acquitrino immenso. Niente colture, nessun villaggio, zero turisti.

Non è un esercizio mentale fantasioso ma la previsione elaborata dalla Banca mondiale per questa zona del Mediterraneo, se il cambiamento climatico non venisse fermato. Secondo lo studio l'innalzamento di un metro colpirebbe circa sei milioni di persone, che sarebbero obbligate a trasferirsi altrove, e renderebbe inutilizzabile il 10 per cento delle terre. A correre questo rischio gli abitanti del Delta del Nilo non sono soli: le caratteristiche geomorfologiche del Mar Mediterraneo, infatti, sembrano poter accentuare gli effetti del riscaldamento globale.

GUARDA: LA MAPPA DELLE COSTE

Sulla lista rossa ci sono, per esempio, le isole di Kerkean, Kneis e Djerba nel Golfo di Gabes in Tunisia: le loro coste sono già erose e l'innalzamento del mare le sommergerà. Un danno non indifferente anche dal punto di vista economico: il turismo di Djerba vale il 24 per cento dell'economia turistica tunisina. E anche se il mare le risparmiasse, l'inquinamento sta già sconvolgendo l'habitat che le ha sempre caratterizzate: le specie native di pesci e di alghe stanno scomparendo. Se ci spostiamo a nord, sulle coste spagnole, troviamo problemi simili: il delta del fiume Ebro, nel Golfo di Valencia, è a rischio inondazione, con le acque salate che minacciano quelle dolci, con conseguenze gravi sull'agricoltura e sulle riserve di acqua potabile.

Immaginare un innalzamento di un metro era fino a pochi anni fa impossibile, ma le ultime previsioni, pubblicate da un gruppo di ricerca coordinato dal Centro nazionale di oceanografia di Southampton (Nocs) alla fine di giugno su 'Nature Geosciences', stimano un innalzamento addirittura di 25 metri nei prossimi due millenni. Oltre tre volte più di quanto calcolato dall'International Panel on Climate Change (Ipcc), il gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Così, ragionando sui prossimi 100 anni, sempre più esperti sono convinti che un metro sia ciò che ci si deve aspettare. Ma cosa succederebbe in Italia se il mare si alzasse così tanto? "Secondo i dati dei mareografi, il Mediterraneo è salito meno degli altri oceani: circa 11 centimetri negli ultimi cento anni, rispetto a una media di 18 centimetri", spiega Fabrizio Antonioli, paleoclimatologo dell'Enea. "Ma non è detto che questo sia un dato positivo sul lungo termine". Per immaginarci cosa succederà alla fine del secolo sulle coste italiane dobbiamo considerare, infatti, anche i movimenti tettonici a cui è soggetta tutta la penisola. Risultato: secondo le stime dell'Enea, potremmo perdere più di 4.500 chilometri quadrati di costa e 33 delle località che oggi siamo abituati a pensare come possibili luoghi di villeggiatura estiva potrebbero essere solo ricordi da cartolina. Qualche esempio: dalla piana della Versilia al delta del Po, dalla piana del Sele, in provincia di Salerno, alla costa di Oristano in Sardegna.


Il futuro del Mediterraneo preoccupa molto i climatologi che alle conseguenze del riscaldamento globale su questo delicato ecosistema stanno dedicando sempre più attenzioni. Ne è un esempio l'ultimo rapporto dell'Institut du développement durable et des relations internationales (Iddri) di Parigi, dal titolo 'The future of the Mediterranean. From impacts of climate change to adaptation issues'. Che lancia un avvertimento: nel 2075 chi farà il bagno lungo le coste mediterranee potrà contare su un'acqua fra i 2 e i 4 gradi centigradi più calda di oggi. In particolare, il Mar Adriatico e l'Egeo saranno quelli più caldi, mentre il bacino levantino avrà le acque più fresche. Il riscaldamento potrebbe portare alla creazione di grandi differenze di temperatura fra acque superficiali e di profondità, generando così un fenomeno di anossia: "Verrebbe meno il rimescolamento delle masse d'acqua, causando una mancanza di ossigeno su tutta la colonna", spiega Piero Lionello dell'Università del Salento, a capo della linea di ricerca sugli eventi estremi di Circe (Climate Change and Impact Research: the Mediterranean Environment), progetto europeo che studia l'impatto del cambiamento climatico sul Mediterraneo. Un evento che metterebbe a serio rischio la sopravvivenza delle specie vegetali e animali che popolano il Mediterraneo. D'altronde già oggi è possibile scorgere i segni del cambiamento in atto: meduse che amano climi particolarmente caldi sono arrivate dai tropici e anche il velenoso pesce palla sembra ormai essere perfettamente a suo agio nel Mediterraneo. Oltre all'invasione di specie, l'innalzamento delle temperature ha già portato, e lo farà sempre in misura maggiore, a una migrazione di pesci e molluschi che dalle acque del Nord Africa si sposteranno più a nord alla ricerca di un ambiente fresco. Finché sarà possibile.

Insomma, i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum potrebbero davvero soffrire più degli altri del cambiamento climatico. Un esempio su tutti: le previsioni parlano di un innalzamento della temperatura dell'aria su scala globale che varia, a seconda del modello statistico usato, da più 1,1 C a più 6,4 C entro la fine del XXI secolo. Sul Mediterraneo questo aumento sarà superiore, da più 2 C a più 6,5 C. E se c'è qualcuno che pensa che in fondo si tratti di poca cosa, sarà bene ricordare che dalla temperatura media dell'ultima era glaciale ci separano al momento solo 5 C. A livello globale bastano davvero pochi gradi per cambiare la faccia del pianeta.

Ma c'è anche chi è convinto che non si dovrà aspettare la fine del secolo per vedere i grandi cambiamenti, perché allo stravolgimento del clima mancano solo pochi anni. Secondo alcuni ricercatori, già a partire dal 2030 si raggiungeranno quei fatidici 2 C in più della temperatura media dell'atmosfera che l'Ipcc ha decretato come limite oltre il quale deve scattare l'allarme. E a nulla varranno quindi i buoni propositi, appena sanciti dal G8 dell'Aquila, di non superare quel tetto entro il 2050. In particolare, un team internazionale di ricercatori, a cui ha partecipato anche Marco Bindi dell'Università di Firenze, ha puntato la sua attenzione proprio sul Mare Nostrum e ha calcolato che fra 20 anni avremo 30 giorni di più all'anno con una temperatura sopra i 25 C e 15 notti in più con il termometro che non scenderà sotto i 20 C. Lo studio, pubblicato sulla rivista 'Global and Planetary Change', descrive quindi il nostro prossimo futuro: ondate di calore più frequenti d'estate e autunni e inverni più piovosi e nevosi.

La catena di causa-effetto, infatti, parte dal riscaldamento dell'aria, passa per la temperatura della superficie dei mari, e arriva alla formazione di depressioni e anticicloni. Qualche grado di più o di meno, quindi, si trasforma anche in maggiori o minori precipitazioni. "I modelli dicono che andremo incontro a una diminuzione delle precipitazioni sul Mediterraneo", spiega Alexandre Magnan, uno dei ricercatori che ha lavorato al rapporto dell'Iddri. "Le ripercussioni le patiranno soprattutto le comunità meno sviluppate, perché l'accesso all'acqua potabile sarà sempre più difficile, ma ci saranno anche dei problemi per l'agricoltura". Una situazione che porterà a una diminuzione anche delle tempeste: "Con lo spostamento verso nord delle fasce normalmente percorse dai cicloni diminuirà la loro intensità e frequenza", spiega Lionello. La zona tropicale si allargherà verso nord e le perturbazioni atlantiche cambieranno percorso, così gli inverni diventeranno più piovosi che nevosi. E c'è anche chi, ma si tratta di un solo studio isolato, prevede che in futuro il clima del Mediterraneo si trasformerà tanto da favorire la formazione di uragani.

Ecco allora in vero problema: il Mediterraneo si trova oggi al confine fra le zone tropicali e quelle miti, con inverni in media piuttosto rigidi ed estati calde. Se questo confine però si spostasse di 500 chilometri, allora le cose cambierebbero radicalmente ma solo per le popolazioni che si affacciano su questo grande specchio di mare. Per il pianeta potrebbe anche non rappresentare un grande cambiamento ma per noi vorrebbe dire ritrovarsi a vivere ai tropici.

ha collaborato Caterina Visco


(23 luglio 2009)


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/allarme-mare-monstrum/2105132&ref=hpsp

TABELLE:

Specie in cattive acque

L'invasione degli alieni

IL GRAFICO:

Temperatura e salinità superficiali del mare

lunedì 27 luglio 2009

Bolivia: chi si nasconde dietro ai complotti per rovesciare Evo Morales

LA VOCAZIONE GOLPISTA DELLA “MEZZALUNA”. BOLIVIA: CHI SI NASCONDE DIETRO AI COMPLOTTI PER ROVESCIARE EVO MORALES.

di ANDREA NECCIAI

La vittoria del SI al referendum costituzionale di inizio anno ha confermato il sostegno della maggioranza dei boliviani al progetto riformista dell’indio Evo Morales e del suo governo. La nuova Costituzione ha sancito - per la prima volta - come diritti fondamentali l’acqua, i servizi di base, la salute, l’istruzione e le risorse fondamentali dello Stato. Una novità non da poco, dal momento che tutti questi diritti sono stati fino ad oggi considerati in Bolivia – e, in generale, in tutto il continente latinoamericano – come semplici merci da sottoporre alle regole della domanda e dell’offerta.

Dopo le dure lotte sostenute dagli indios negli ultimi decenni contro l’ignoranza e il razzismo di una società “bianca” arricchitasi grazie ad immense rendite economico-finanziarie, ora finalmente “vengono riconosciute diverse forme di economia, come quella pubblica e comunitaria e non solo quella di mercato. Si garantiscono i diritti collettivi e storici dei popoli originari (quechua ed aymaras), sterminati per 500 anni e trattati come figli minori da governi che esercitavano la legge sui luoghi dove da millenni i popoli indigeni avevano edificato cultura e armonia”. *

Ma il presidente boliviano, che prima del referendum aveva già incassato un altro importante successo elettorale nell’agosto 2008, ottenendo il 63% dei consensi alla riconferma del suo mandato, si trova ancora alle prese con le velleità secessioniste delle ricche circoscrizioni orientali (la cosiddetta “Mezzaluna”), i cui prefetti, spalleggiati dall’oligarchia imprenditoriale, non solo si oppongono al nuovo dettato costituzionale ma continuano a reclamare l’autonomia. Non a caso nella Mezzaluna, macroregione comprendente i dipartimenti di Tarija, Santa Cruz, Beni e Pando (situati a nord e a est del Paese), si concentrano le maggiori ricchezze economiche (imprese e siti produttivi) e grandi riserve energetiche e naturali (acqua, gas e idrocarburi), da decenni oggetto di sfruttamento selvaggio da parte dei governi corrotti e delle compagnie multinazionali.

Dal gennaio del 2006, anno in cui Morales ha assunto l’incarico presidenziale, l’azione delle forze dell’opposizione non si è affatto limitata alle critiche o all’ostruzionismo politico, nella logica del confronto civile, ma è stata spesso condotta con mezzi illegali e violenti. Grazie al lavoro della magistratura boliviana, che sta indagando sul conto di alcune organizzazioni paramilitari, è stata recentemente scoperta una cospirazione per destabilizzare l’attuale governo in carica, con la complicità di alcuni influenti “attori” internazionali.

Tutto ha inizio il 16 aprile quando in un lussuoso hotel di Santa Cruz (nell’omonimo distretto) tre sospetti malviventi sono stati uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia locale. Qualche ora più tardi, nei magazzini della fiera campionaria che si tiene della stessa città, la Fexpocruz, la polizia scopriva un nascondiglio di armi ed esplosivi, impiegati con ogni probabilità per compiere attentati.

A capo della cellula terrorista c’era Eduardo Rozsa Flores, uno degli uomini morti nella retata dell’hotel. Membro del partito ungherese neonazista “Jobbik”, Rozsa prestò servizio nelle milizie croate durante la guerra nella ex Iugoslavia, prima di essere assunto sotto falsa identità dall’impresa COTAS (Cooperativa Telefonica di Santa Cruz), di proprietà di vari dirigenti del Comitato Civico Pro Santa Cruz (uno dei più accaniti gruppi separatisti) e dell’organizzazione razzista Nación Camba.

Alcuni giorni dopo la sua morte, la stampa rendeva pubblica un’intervista nella quale Rozsa dichiarava che “il Consiglio Dipartimentale di Santa Cruz ha deciso la creazione di un corpo di sicurezza regionale [milizia armata, ndr]” e in un’altra aggiungeva “dichiareremo l’indipendenza e creeremo un nuovo Paese!”. Secondo altre fonti, questo mercenario di origine magiara avrebbe mantenuto strette relazioni con alti funzionari della sede boliviana dell’ente newyorkese “Human Right Foundation” (HRF) e con alcuni delegati dell’organizzazione di estrema destra “UnoAmérica”.

Di recentissima creazione la UnoAmérica, formata da militari ultranazionalisti e da paramilitari provenienti da El Salvador, Colombia, Argentina e Venezuela, riceve sostanziosi finanziamenti dall’Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (USAID) e dal National Endowment of Democracy (NED), lo stesso ente nordamericano che sostiene dal 2005 anche il Comitato Civico Pro Santa Cruz. Secondo la studiosa Eva Golinger, dal 2002 USAID avrebbe destinato ben 97 milioni di dollari ai gruppi della destra autonomista boliviana, per il finanziamento di programmi atti a favorire la “decentralizzazione” (o meglio, la “balcanizzazione”) del paese andino. Il presidente di UnoAmérica è Alejandro Peña Esclusa, un politico venezuelano antichavista che alle ultime elezioni politiche tenutesi nel suo paese ha ottenuto 2.424 voti, pari allo 0,04%.

Sul conto della HRF, conosciuta per i suoi legami con la CIA, si può osservare come dal 2005 (anno della fondazione) questo ente “benefico” abbia cominciato ad interessarsi seriamente alla realtà sociale (e politica) latinoamericana tanto da creare nuove filiali in Bolivia (2007), Ecuador (2008) e prossimamente, secondo quanto ammesso dagli stessi dirigenti, anche in Nicaragua.

Solo pochi mesi fa, l’interferenza degli Usa negli affari interni della Bolivia e la loro complicità nel fomentare la secessione dei dipartimenti “ribelli” aveva indotto il governo di La Paz ad espellere dal paese l’ambasciatore statunitense Philip Goldberg, un vero e proprio esperto di “balcanizzazione” avendo lavorato dal 1994 al 1996 in Kosovo. Evidentemente, buttare giù il governo di Evo Morales non è solo l’obbiettivo dell’oligarchia della “Mezzaluna”.



Note:
* “Ecuador e Bolivia: la natura nella Costituzione” di Giuseppe De Marzo, in “Latinoamerica” n°105 (04/2008).

Massa Studio Aperto

giovedì 23 luglio 2009

MOBILITIAMOCI PER NON DIMENTICARE

AD UN MESE DALLA STRAGE DI VIAREGGIO

Martedì 29 luglio 2009

MANIFESTAZIONE INDETTA DALL’ASSEMBLEA 29 GIUGNO

Stazione di Viareggio ore 21,30 Binario 1 ore 23,50 Via Ponchielli

Ventinove morti, e decine di feriti di cui alcuni in condizioni disperate, vite e case distrutte. Questo è il bilancio della tragedia di Viareggio. E’ Il prezzo del libero mercato, e della libera circolazione di merci che può diventare, come è accaduto nella strage di Viareggio, libera insicurezza.

Una strage annunciata, una strage di stato che ha coinvolto orribilmente lavoratori, viaggiatori e semplici cittadini colpevoli di essersi trovati nel momento sbagliato al posto sbagliato.

I ferrovieri non resteranno nemmeno questa volta in silenzio. La lotta per la sicurezza è una battaglia che li ha sempre visti in prima linea contro le omissioni e le responsabilità di chi, risparmiando sulla sicurezza, permette queste tragedie. Stragi annunciate, inutilmente annunciate come è successo per Dante de Angelis, il ferroviere licenziato per aver osato denunciare carenze di sicurezza.

Ma la mobilitazione non può fermarsi ai ferrovieri.

MOBILITIAMOCI PER

NON DIMENTICARE

L’appello alla mobilitazione è su più fronti: legale, politico, sociale, sindacale e culturale.

Rifondazione Comunista Toscana aderisce ed:

· E’ VICINA ALLE FAMIGLIE DELLE VITTIME

· RITIENE NECESSARIO UN COMPLETO ACCERTAMENTO DELLE RESPONSABILITA’ DELLA STRAGE.

· SOSTIENE LE LOTTE DEI FERROVIERI CHE SI BATTONO PER LA SICUREZZA COME DANTE DE ANGELIS DI CUI CHIEDE LA RIASSUNZIONE.

· SI BATTE PER OTTENERE IMPEGNI CONCRETI E RISORSE PER LA SICUREZZA DELLA RETE FERROVIARIA, PER MIGLIORARE E RIQUALIFICARE LE LINEE REGIONALI IN FAVORE DEI VIAGGIATORI PENDOLARI CONTRO LA POLITICA AZIENDALE DELL’ALTA VELOCITA’.

Intanto a Viareggio urge una corretta e trasparente stima dei danni, un adeguato stanziamento di fondi, ed un percorso di immediata ricostruzione.

La giustizia poi farà il suo corso poiché l’incidente non è frutto del fato. I responsabili ci sono, a cominciare da Trenitalia che ha l’obbligo di controllare tutto quanto circola sulla sua rete L’impegno intanto è uno solo:

Per non continuare a piangere domani, organizziamo oggi la prevenzione!

Per non continuare a recriminare domani, organizziamo oggi la lotta. Insieme!

Il Comitato Politico Regionale Toscano

Partito della Rifondazione Comunista Toscana

Marina di Pisa 22 luglio 2009

mercoledì 15 luglio 2009

Shangay...con rispetto!

Un video in tre parti, realizzato dal Comune di Livorno in collaborazione con Legambiente nell'ambito del progetto Urban, Cittadini in gioco.




martedì 14 luglio 2009

“Per un nuovo inizio: costruiamo insieme la federazione della sinistra di alternativa”


“Per un nuovo inizio: costruiamo insieme la federazione della sinistra di alternativa”

Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto, Cesare Salvi, Vittorio Agnoletto, Margherita Hack, Lidia Menapace,Bruno Amoroso, Elio Bonfanti, Benedetta Buccellato, Elena Canali, Omar Sheikh Esahaq, Valerio Evangelisti, Barbara Fois, Haidi Giuliani, Rita Lavaggi, Maria Rita Lodi, Maria Rosaria Marella,Ibrahima Niane, Nicola Nicolosi, Gian Paolo Patta, Tonino Perna, Rossano Rossi, Nadia Sabato, Bassam Saleh, Raffaele K. Salinari, Laura Stochino, Ermanno Testa, Vauro, Mario Vegetti, Massimo Villone

Cari compagni e compagne,
la crisi sta mostrando una volta di più il volto distruttivo del capitalismo e delle politiche liberiste. Parimenti mostra il fallimento delle politiche socialdemocratiche in tutta Europa e del centrosinistra in Italia. Nella debolezza dell’opposizione e della sinistra, la crisi sociale si impasta con la crisi della politica, producendo guerre tra i poveri che si esprimono in separatezza dalla politica, in astensione, quando non in consenso alle destre razziste. Abbiamo quindi dinnanzi un compito tanto grande quanto necessario, quello di costruire una efficace opposizione sociale, politica e culturale, in grado di proporre e rendere credibile una uscita da sinistra dalla crisi, lungo una strada contrapposta alle ricette della destra e alternativa al liberismo temperato proposto dal centrosinistra. A tal fine è assolutamente necessario costruire un punto di riferimento politico della sinistra di alternativa, che abbia massa critica e programmi tali da risultare credibile per tutti coloro che stanno subendo e pagando la crisi e che si ponga l’obiettivo di aggregare tutte le forze politiche, sociali, culturali e morali che come noi sentono questa urgenza. Riteniamo che gli elementi fondanti di questo processo di aggregazione siano principalmente quattro: In primo luogo una rinnovata critica al capitalismo globalizzato e alla sua tendenza alla mercificazione di ogni cosa e relazione sociale. Occorre rimettere al centro la lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici che in questi decenni ha assunto caratteristiche barbariche e completamente inaccettabili: dalla disoccupazione strutturale nel mezzogiorno alla precarizzazione del lavoro alla sistematica compressione salariale il lavoro è tornato ad essere pura merce, variabile dipendente di un sistema che ha glorificato il profitto. Vogliamo ripartire dal lavoro nella piena consapevolezza che la lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo o si connette strettamente alla lotta dello sfruttamento dell’uomo sulla donna, dell’uomo sulla natura oppure è incapace di proporre una uscita dallo stato di cose presente. Per questo per noi la lotta per la liberazione del lavoro si deve connettere alla lotta contro la distruzione dell’ambiente, per i beni pubblici a partire dall’acqua e lo sviluppo di un consumo critico, alla lotta contro il sessismo e il patriarcato, per l’autodeterminazione degli individui e delle comunità. Questa critica radicale agli assetti capitalistici implica una battaglia rigorosa per mantenere scuola, istruzione, conoscenza, ricerca e in generale i saperi al riparo dalla privatizzazione e dalla mercificazione:la lotta per la scuola pubblica è dunque prioritaria. In secondo luogo una forte opposizione al sistema bipolare che rappresenta la forma istituzionale con cui il pensiero unico ha cercato di sancire l’espulsione del tema dell’alternativa dalla politica. La battaglia contro il bipolarismo, che tende a produrre l’impermeabilità delle istituzioni nei confronti del conflitto, una alternanza tra simili e che nel concreto del caso italiano è il contesto in cui è nato e cresciuto il berlusconismo, è per noi un punto centrale. La costruzione di un movimento di massa per una uscita da sinistra dalla crisi ha quindi nella battaglia per il proporzionale, contro ogni tendenza autoritaria, contro le mafie e i loro intrecci con la politica, il suo corrispettivo sul piano istituzionale. In terzo luogo noi riteniamo che questo polo della sinistra di alternativa non possa essere costruito solo tra le forze politiche oggi esistenti ma debba coinvolgere a pieno titolo tutte le esperienze di sinistra che si muovono al di fuori dei partiti. In questi anni larga parte di chi si è battuto a sinistra lo ha fatto al di fuori dei partiti e la possibilità di costruire una sinistra di alternativa degna di questo nome è possibile solo dentro una rinnovata critica della politica che veda una interlocuzione paritaria tra tutti i soggetti coinvolti. In quarto luogo noi pensiamo che la sinistra di alternativa sia pienamente nel solco della storia del movimento operaio, del movimento socialista e comunista, del movimento femminista, GLBTQ e dei diritti civili, delle lotte ambientaliste, per la giustizia e la solidarietà, del movimento altermondialista. Nella lotta per la giustizia e la libertà delle generazioni che ci hanno preceduto, combattuta sotto le insegne delle bandiere rosse, della falce e del martello, noi riconosciamo la nostra storia e questa storia deve proseguire a partire da una rifondazione delle pratiche, delle teorie, delle forme organizzative. La proposta che avanziamo trova la sua collocazione politica naturale nel contesto di tutte le forze della sinistra europea che si collocano a sinistra delle socialdemocrazie e che hanno ottenuto significativi consensi nelle ultime elezioni europee, come in Francia, Germania, Grecia, Portogallo, Olanda e nei paesi nordici. In Italia la costruzione di un polo della sinistra di alternativa si rivela difficile sia per le divisioni a sinistra, e per il rischio che esse si vengano ora cristallizzando, sia per la volontà delle forze politiche rappresentate in parlamento di imporre un sistema bipolare chiuso, attraverso meccanismi istituzionali (clausole di sbarramento a tutti i livelli, discriminazione dell’accesso al servizio televisivo e al finanziamento pubblico), che aggravano ulteriormente gli effetti di leggi elettorali che contrastano con il principio del pluralismo rappresentativo e con la garanzia del pari diritto dei cittadini alla partecipazione politica. Alla costruzione di un sistema bloccato, che assume i caratteri di un nuovo regime, Pd e IdV hanno mostrato di voler concorrere non meno dei partiti di centrodestra. E’ necessario dunque un vero e proprio salto di qualità dell’iniziativa politica, ideale e sociale della sinistra di alternativa. Proponiamo pertanto di dar vita a una Federazione unitaria che comprenda – oltre alle forze che hanno dato vita alla lista anticapitalista e comunista – tutti i soggetti politici, i movimenti e le persone che avvertono l’ urgenza di affrontare insieme i compiti che ci sono davanti e che abbiamo prima indicato nelle linee generali. Riteniamo indispensabile che la Federazione che proponiamo introduca profonde innovazioni nel modo di fare politica, a partire dai rapporti tra incarichi politici e incarichi istituzionali, per ricostruire una nuova etica pubblica, per consentire l’effettiva partecipazione di tutti gli aderenti alle decisioni e per ridare centralità alla pratica sociale. Vogliamo discutere nel modo più diffuso e aperto della nostra proposta unitaria e a tal fine proponiamo quindi di vederci il 18 luglio alle ore 10 a Roma al Centro Congressi di via Frentani.

Partenza stazione di Livorno ore 06.04 arrivo a Roma ore 09.50, ritrovo stazione ore 05.45 costo viaggio A/R 15 euro, prenotazioni federazione PRC Livorno tel. 0586/807045

lunedì 13 luglio 2009

Per la liberazione dei Cinque, contro il silenzio dei mezzi di comunicazione

MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO IL 10 OTTOBRE 2009

Cinque cubani, dal 12 settembre 1998, sono detenuti negli Stati Uniti con condanne che vanno da 15 anni fino a un doppio ergastolo perché, a protezione del loro popolo, controllavano l’attività di gruppi paramilitari anticubani che dal territorio degli Stati Uniti pianificavano attentati terroristici contro Cuba.

Come è stato riconosciuto anche da alte autorità militari statunitensi, che hanno testimoniato durante il processo, i Cinque cubani non hanno mai commesso atti di violenza, né sono mai entrati in possesso di documenti segreti che avrebbero potuto mettere in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti, né hanno tentato di farlo.

Il processo tenuto a Miami è stato ritenuto illegale dal Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie dell’ONU per come è stato condotto. Dieci Premi Nobel, Parlamenti esteri, singoli parlamentari di tutto il mondo, istituzioni internazionali, organizzazioni dei Diritti Umani, associazioni di giuristi e diverse migliaia di personalità hanno chiesto invano, prima alla Corte di Appello di Atlanta e poi al Tribunale Supremo degli Stati Uniti, la revisione di questo processo.

Il Governo statunitense ha fatto di tutto perché questo caso passasse sotto silenzio. Infatti la revisione del processo, in una sede diversa da Miami, avrebbe potuto portare alla scoperta di connivenze, protezioni e sostegno ad azioni di terrorismo contro Cuba da parte dei vari Governi degli Stati Uniti.

In Italia i grandi mezzi di comunicazione - su questo caso come per altre situazioni avvenute nel mondo - hanno mantenuto un silenzio tombale, che dimostra il controllo a cui sono sottoposti, la loro mancanza di etica professionale e l’ipocrisia del cosiddetto mondo occidentale sulla tanto declamata “libertà di informazione”. Ricordiamo che una delle 3.478 vittime di tali azioni di terrorismo contro Cuba è il cittadino italiano Fabio Di Celmo. Nessun grande quotidiano, nessuna importante rete televisiva ha mai speso una sola parola per chiedere giustizia per questo nostro concittadino. Il noto terrorista Luis Posada Carriles, che vive e gode di ampie protezioni negli Stati Uniti, non è mai stato perseguito per questo crimine dalla giustizia statunitense, pur avendo rivendicato pubblicamente la propria responsabilità.

Siamo contro tutti i terrorismi, in tutte le loro forme o manifestazioni, diretti contro chiunque, in ogni parte del mondo e per qualsiasi ragione. La lotta contro il terrorismo la si conduce anche attraverso una corretta informazione.

Invitiamo i cittadini italiani - che nonostante tutto quello che accade nel mondo e nel nostro paese continuano ad avere e a credere nei valori morali – ad aderire al nostro appello e a partecipare alla manifestazione nazionale che si terrà a Milano il 10 ottobre 2009 per lanciare un segnale di solidarietà ai Cinque, chiedere che i mezzi di informazione facciano finalmente conoscere il loro caso e arrivare alla loro liberazione.

Per info e adesioni: www.italia-cuba.it amicuba@tiscali.it tel. 02-680862 fax 02-683037

venerdì 10 luglio 2009

Il Partito della Rifondazione Comunista sezione Salviano-Collinaia-Valle Benedetta-Limoncino-La Leccia-Scopaia, organizza per Venerdì 24 luglio alle ore 20.30, presso il Circolo Carli in Via di Salviano 542 una cena di autofinanziamento.
Questo è il menù:
Antipasto: bruschetta;
Primo: penne alla Viareggina (in alternativa al Pomodoro);
Secondo: roast-beef;
Contorno: fagioli all'uccelletto (in alternativa insalata);
Dolce
Spumante
Acqua e vino.
Il prezzo della cena è di 13 €
Per info e prenotazioni chiamare il 3496533606 Enio, entro mercoledì 22 luglio.

mercoledì 8 luglio 2009

Appello: Fermiamo il Ponte sullo Stretto



Notizie, appelli, lettere da Liberazione.it



Lettera di Amalia Hilda Tobar Barrionuevo

lunedì 06 luglio 2009

bimba_immigrata.jpg

Questa è una lettera di sfogo che ho scritto dopo l'approvazione del decreto sicurezza.

Mi chiamo Amalia Hilda Tobar Barrionuevo e abito in Italia dall'età di sette anni, da 23 anni vivo a Solofra (AV) nella condizione di straniera col permesso di soggiorno,ma mai come oggi mi sono sentita tanto umiliata.

Cara Italia,
ti scrivo perchè ho bisogno di raccontarti come mi sento.
Tu sai che mi sento italiana anche se non lo sono, sono arrivata qui da te a sette anni, all'inizio è stata dura, gli stranieri nell'86 a Solofra erano pochi e così mi sono dovuta subire le frasi razziste dei compagni di scuola, ma un pò alla volta hanno accettato me e tutta la mia famiglia.

Alle scuole medie ho incontrato una prof di storia che odiavo, ma che mi ha trasmesso l'amore per la città e la nazione in cui vivo, così ho trascorso gran parte dei miei anni a battermi per migliorare le cose in questa società.

Però oggi mi sento triste, Italia, mai come oggi mi sento straniera e per di più indesiderata.
Tra i miei amici ben pochi capiscono cosa significhi dover andare in questura per chiedere il permesso di restare in questa terra, loro non corrono il richio di vedersi sbattere oltre frontiera perchè questa è casa loro...ed io Italia? Qual'è casa mia? Non lo so più.

L'Argentina l'ho lasciata piccola e in pratica non la conosco, io conosco solo te Italia, è qua che ho studiato, vissuto, amato e pianto; eppure tra qualche mese forse dovrò fare un test per vedere se ti conosco un abbastanza.

Italia diglielo tu ai poliziotti, Maroni e Berlusconi quanto ti conosco. Gli puoi dire tu Italia quanto ti ami e quanto mi faccia male sentirmi disprezzata da questo nuovo decreto sulla sicurezza?

Io non ho parole per descriverti il mio stato d'animo, ma di certo ora capisco come si sentivano gli ebrei a dover portare la stella sul braccio, tra quanto mi costringeranno a mettere un segno identificativo? Mi sento umiliata, privata della mia dignità di persona, sono diversa dagli amici con cui sono cresciuta solo perchè nata in un'altra nazione e per questo motivo devo essere controllata: impronte digitali, fotografia, firma, 200 euro, ipermesso di soggiorno a portata di mano.

Sempre più forte un senso di precarietà esistenziale mi invade l'anima, una salute sempre più vacillante, la mancanza di un lavoro, lo status di immigrata che sembra trasformarsi in status di ospite indesiderata.

Italia perchè mi fanno questo, perchè mi trattano così? Che cos'ho di diverso? Italia mi sai spiegare il motivo di questo odio nei miei confronti da parte degli elettori di Berlusconi?
Hanno forse dimenticato che tanti tuoi figli sono sparsi per il mondo?

Italia non è che tu riesci a spiegare loro che tutto questo non è giusto? Italia digli che il razzismo in ogni sua forma è un pericolo per la democrazia in ogni luogo esso venga applicato, curare i mali della società fomentando l'odio verso determinate categorie è un abbietto modo per evitare di risolvere davvero i problemi, in questo modo si fornisce un alibi, un capro espiatorio da perseguitare dandogli la colpa di ogni male.

Digli Italia che il razzismo trova sempre nuovi capri espiatori, così ci si infila in una spirale di odio molto pericolosa per tutti, oggi tocca agli immigrati come me, domani potrebbe essere qualcun altro. Ho paura Italia, sarà perchè ho studiato troppo e ricordo che in principio furono gli ebrei poi furono i polacchi, gay, cattolici, disabili......Italia non credi anche tu in una nazione come te dove i governanti tengono in scarsa considerazione le fasce deboli della società e dove a contare è sempre e solo il profitto leggi di questo tipo siano molto pericolose?

Cerca di parlare ai cuori e alle menti dei tuoi figli Italia, insegnagli a non pensare più con la pancia......

lunedì 6 luglio 2009

Quartiere Sant'Andrea: la falsa verità dei media, la verità di chi ci vive

Dopo i due fatti accaduti di recente nel quartiere Sant'Andrea, fatti molto diversi tra loro, simbolo certo di disagi reali che i cittadini vivono, indipendentemente dalla loro etnia, ma strumentalizzati dai media locali come fatti simbolo di scontri tra livornesi e immigrati... ecco, ci sembra importante pubblicare il comunicato del Chico Malo, realtà associativa che dentro il quartiere ci sta davvero e fa politica, per portare la realtà di questo quartiere anche dentro i quartieri come il nostro per poter costruire una rete d'informazione di coscienza e di lotta che parta dai singoli territori per poter arrivare di nuovo a una solidarietà tra cittadini che viene a mancare soprattutto perché la gente viene impaurita dai giornali locali che "caricano" certe notizie di significati mascherati.
Buona lettura e commentate pure, fa bene confrontarsi!

Un appello: Facciamo un passo indietro, stemperiamo i toni e cerchiamo di abbassare il livello di scontro

Dopo gli episodi di questi giorni accaduti nel quartiere Sant’Andrea, dopo una settimana di interviste sui giornali a personalità pubbliche, abitanti e immigrati, vorremo lanciare per prima cosa un appello a tutti , giornalisti compresi, di fare un passo indietro, stemperare i toni e abbassare il livello di scontro. Non esiste nel quartiere nessun pericolo reale di scontro tra livornesi e immigrati, che continuano a convivere tranquillamente nell’esercizio dei propri locali e vivendo nei soliti palazzi. Esiste invece un problema di culture e abitudini diverse che nel convivere per forza devono affrontare situazioni di crisi. Detto questo bisogna necessariamente fare una netta distinzione tra l’episodio accaduto in via Terrazzini mercoledì dove tre giovani hanno rischiato il linciaggio dopo aver cercato di rubare una bici e mostrato i genitali a delle donne tra cui una bambina; e l’episodio accaduto ieri in piazza della Repubblica tra gli abitanti del palazzo e i frequentatori del locale accanto.
Il primo episodio è stata una reazione ad un atto prepotente e vergognoso al quale la gente ha reagito in modo spontaneo , il secondo invece è un episodio che comunemente si sta verificando e in varie zone della città. Con la stagione estiva i vari locali dove la gente passa le serate bevendo e chiacchierando fino a tarda notte creano talvolta disturbo per gli abitanti: le baracchine sul viale Italia e i vari locali della Venezia ne sono un esempio. Tanta gente fuori dai locali fino a tarda notte porta ovunque li stessi problemi: bottiglie lasciate per strada, litri di urina nel primo angolo semibuio e rumore. La cosa non è certamente diversa se il locale è frequentato da livornesi o da immigrati e liti e risse tra residenti e non sono all’ ordine del giorno. Purtroppo tutto ciò che accade nella zona di via Terrazzini assume toni catastrofici e criminalizzanti, riducendo tutto ad un fatto di ordine pubblico. In questo modo non si aiuta certo la comprensione della realtà e la risoluzione dei problemi. Rimandiamo alle pagine del nostro giornalino "Il Quartiere" le nostre analisi e le nostre proposte.

Centro di quartiere El Chico Malo

sabato 4 luglio 2009

85o Palio marinaro




Domani, nel tratto di mare davanti alla Terrazza Mascagni, si svolgerà l'85a edizione del Palio Marinaro.


Vi partecipano, in due categorie distinte (4 e 10 remi) i 16 rioni di Livorno.


In questi anni purtroppo si è perso lo spirito popolare della manifestazione, favorendo interessi economici e personali, che hanno reso la manifestazione un businnes per pochi.


L'intento di tutti, specialmente dei vogatori che per questo hanno creato un loro comitato, è quello di ridare interesse e visibilità al Palio e alle altre gare remiere, per queste manifestazioni non si limitino all'evento sportivo fine a se stesso.


Perchè il Palio è anche qualcosa di socialmente utile.


Pensiamo al fatto che molti ragazzi possono fare attività sportiva senza spendere fior di soldi che richiedono palestre o società sportive per altri sport e togliendosi così dalla strada.


Pensiamo ai volontari che preparano ed aiutano i ragazzi per le gare ed al tempo stesso stanno insieme invece che rinchiudersi in casa davanti alla televisione.


Il Palio và rivitalizzato.


Bene dare colore ai quartieri e pubblicizzare gli eventi, ma bisogna fare in modo che anche i giovani si avvicinino alle cantine o magari soltanto andare a vedere le gare perchè tanti non sanno nemmeno cosa sia il Palio, e che si ricrei quello spirito di apparteneza al rione di qui in passato il Livornese andava fiero.


L'appuntamento è per domani, domenica, 5 luglio alle ore 10.30 per il Palio femminile, alle 11.15 per il MiniPalio, alle 18.00 per i 4 remi e per le 18.45 per il Palio a 10 remi.


Per chi volesse approfondire l'argomento, in rete troverà il sito del palio: http://www.paliomarinaro.com/


ed un gruppo all'interno di facebook dove si discute di Palio e delle altre gare remiere:




giovedì 2 luglio 2009

Livorno oltre-frontiera 1-4 luglio Anfiteatro delle barche Fortezza Nuova

Dal 1 al 4 luglio, presso l'Anfiteatro delle barche, in Fortezza Nuova, il Centro Politico 1921 organizza una quattro giorni dedicata alla memoria di Ilio Dario Barontini, antifascista e politico comunista livornese.
Le due tematiche principali della manifestazione sono l'antifascismo e la solidarietà internazionale.
Per informazioni visitare: http://www.senzasoste.it/manifestazioni-eventi/livorno-oltre-frontiera-1-4-luglio.html

Lavoratori uniti contro la crisi!

Incontro TRA NOI lavoratori: venerdì 3 luglio 2009 ore 16.00 al Teatro Goldoni!

Dico NOI perché se non è oggi sarà domani e toccherà a tutti di essere licenziati, sfruttati, abbandonati... se ci uniamo tutti e lottiamo insieme saranno i padroni a rimanere a casa, la gente nn capisce che la nostra unione e solidarietà può rovesciare il sistema.

Pertanto io andrò ed invito tutti, lavoratori/trici e anche e soprattutto studenti, pensionati, cassaintegrati, immigrati... TUTTI!

Questo Paese va a rotoli solo per chi come noi vuol vivere onestamente la propria vita, ma per cambiare le cose non bastano le lamentele, ci vuole azione... Non possiamo lamentarci e basta, dobbiamo arrabbiarci e gridare forte i nostri diritti, a costo di legarci fuori delle nostre fabbriche, dei nostri cantieri, dei nostri spazi verdi, di tutto ciò che è pubblico e che vogliono o hanno già reso privato.

mercoledì 1 luglio 2009

Vicenza: manifestazione No Dal Molin per chiedere indipendenza, dignità, partecipazione

Invitiamo i nostri iscritti e simpatizzanti a partecipare alla manifestazione di Vicenza del 4 luglio 2009 per chiedere indipendenza, dignità e partecipazione contro chi pensa soltanto ad ampliare le basi militari straniere. Ed a maggior ragione vogliamo cogliere l’occasione della visita in Italia del neo presidente americano Barack Obama per far sentire la nostra voce. No all'ampliamento del Dal Molin!!!