domenica 31 gennaio 2010

No Dal Molin

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STASERA ASSEMBLEA STRAORDINARIA
LUNEDI’ 1 FEBBRAIO FIACCOLATA, H 20.30 P.ZA CASTELLO

Sono ormai quattro anni che ci opponiamo alla costruzione della nuova base statunitense al Dal Molin: assemblee e manifestazioni, sit-in e azioni hanno scandito la nostra quotidianità, mentre nelle stanze di Roma si decideva, sopra alle teste dei vicentini, l’avvio di un cantiere devastante. E’ la nostra storia di donne e uomini che amano la propria terra e le sue risorse; la stessa storia degli abitanti di quel fazzoletto di terra che, migliaia di anni fa, costruirono proprio lì il proprio villaggio, di cui in questi giorni emergono i preziosissimi reperti.

E’ la nostra terra che ci parla, che ci guarda, che ci ascolta; mentre noi, donne e uomini, siamo costretti ad ascoltare la melodia della battipali che, come emerso da recenti studi, sta compromettendo la falda acquifera con il suo incessante piantare pali di cemento armato nel terreno. Il più grande tesoro di questa terra – l’acqua – è messo a repentaglio dalla realizzazione delle fondamenta su cui vogliono far poggiare la nuova base di guerra.

Noi lo avevamo detto fin dai primi giorni di questa storia che quello è un territorio di inestimabile valore per la comunità locale; ma che, allo stesso tempo, è particolarmente fragile, delicato, perché custodisce sotto il manto erboso uno degli elementi essenziali alla vita, l’acqua.

Doveva essere un “cantiere perfetto”, all’avanguardia nella tutela del territorio, come ci raccontava – mentendo – il commissario Paolo Costa, fido giullare degli statunitensi; e invece, dopo pochi mesi, mostra già i devastanti segni del suo operare: centinaia di alberi decennali distrutti, un territorio sconvolto, dei reperti archeologici unici messi a rischio e, ora, la falda acquifera che sale inspiegabilmente fino ad arrivare ad appena 50 cm dal piano campagna.

E’ per queste ragioni – evidenti a chiunque volesse guardare – che ci siamo mobilitati ritardando la partenza del cantiere – che doveva avviare le ruspe già nel novembre 2007 – e strappando l’area civile del Dal Molin, per ora, alla militarizzazione (tutte le carte ufficiali statunitensi, infatti, mostravano il progetto estendersi sull’intera area dell’ex aeroporto).

Cosa sarebbe successo se fosse stata realizzata la Valutazione d’Impatto Ambientale che il commissario Costa ha fatto di tutto per impedire? Sarebbe emerso, semplicemente, quel che già oggi si sta realizzando: il cantiere è incompatibile con l’equilibrio naturale di quell’area così delicata e così ricca.

Quest’oggi siamo entrati, in cinquanta, all’interno del cantiere per incatenarci alle gru e alle macchine da lavoro. Vogliamo salute, sicurezza, storia. La salute dei cittadini deve essere tutelata, impedendo l’inquinamento e l’avvelenamento della falda acquifera; la sicurezza deve essere garantita, impedendo che l’acqua, per difendere la base statunitense, possa esondare verso la città; la storia di questa comunità deve essere difesa, a partire dalle testimonianze del neolitico scoperte all’interno del cantiere.

Non vogliamo vedere la nostra terra devastata (come è avvenuto pochi anni fa al Mugello, dove le ricche falde acquifere di un tempo oggi sono secche a causa della realizzazione della Tav) restando a guardare. Non vogliamo restare silenti e arrendevoli di fronte a tanta devastazione perché la storia dell’uomo ci insegna che, alla lunga, il silenzio rende complici; perché “accettare che la nuova base sarà costruita” ne legittima l’imposizione e rende complici della devastazione; perché abbiamo disegnato un sogno collettivo e vogliamo continuare a dare pennellate di mille colori sul muro dell’indifferenza.

Siamo entrati all’interno del cantiere e abbiamo dimostrato che, dopo 4 anni, Vicenza si oppone ancora. Lo abbiamo fatto con i nostri volti e con le nostre paure, perché siamo donne e uomini di ogni età e professione, con storie diverse ma aspirazioni comuni. Per un giorno la dignità di quanti vogliono democrazia e partecipazione avrà la precedenza sulle esigenze militari statunitensi.

Oggi il cantiere per la nuova base statunitense al Dal Molin si deve fermare; ci domandiamo come possano cooperative come la Cmc continuare a distruggere la falda acquifera senza porsi alcun problema etico e morale. Vogliamo che, prima di procedere nei lavori, venga realizzato uno studio approfondito sullo stato attuale della falda acquifera che coinvolga tecnici comunali, delegati dell’autorità di bacino e personalità indipendenti.

Il Dal Molin è dei vicentini: e noi, oggi lo abbiamo riaffermato. Vogliamo poter dire alle nostre figlie e ai nostri figli, ai nostri nipoti, che noi ci abbiamo provato. E solo il domani potrà dirci se alla fine ce l’avremo fatta, a difendere territorio e democrazia.

La nostra dignità è tutto ciò che abbiamo, è tutto ciò a cui teniamo. Chi ama Vicenza la difende.

Presidio Permanente No Dal Molin

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venerdì 29 gennaio 2010

Tra immigrati e italiani stesso tasso di criminalità

I dati ufficiali dimostrano che l'80% delle denunce a carico di stranieri riguarda irregolari; ma anche tra questi, in quattro casi su 5 il reato contestato è l'assenza del permesso di soggiorno

http://www.repubblica.it/politica/2010/01/28/news/immigrati_e_criminalit-2107183/images/153042517-a2a27deb-c2c5-4c01-9191-16915ea6c578.jpg

ROMA - Sono i numeri a dire che gli immigrati non delinquono più degli italiani. Secondo i dati dell'Istat, il tasso di criminalità degli immigrati regolari, in Italia, è "solo leggermente più alto" di quello degli italiani (tra l'1,23% e l'1,4%, contro lo 0,75%) ed è addirittura inferiore tra le persone oltre i 40 anni. Di fatto, i dati sono "equiparabili". E' vero invece la stragrande maggioranza dei reati commessi da stranieri in Italia è opera di immigrati irregolari.

Parlano ancora le cifre ufficiali, secondo le quali il 70-80% degli stranieri denunciati sono irregolari. Anche qui, però, i dati sono da leggere con attenzione perché, sul totale delle denunce, l'87% riguarda proprio la mera condizione di clandestinità: il reato commesso da 4 stranieri su 5 denunciati riguarda insomma l'essere stati sorpresi in Italia senza permesso di soggiorno e dunque la violazione delle leggi sull'immigrazione.

In generale, dicono le statistiche, non esiste un legame fra l'aumento degli immigrati regolari e l'aumento dei reati in Italia: tra il 2001 e il 2005, ad esempio, mentre gli stranieri sono aumentati di oltre il 100%, le denunce nei loro confronti sono cresciute del 45,9%.

Al di là delle polemiche politiche, sono comunque nettamente superiori gli aspetti positivi dell'immigrazione. In Italia gli immigrati regolari, secondo i più recenti rapporti di Caritas Migrantes e Ismu, sono oltre quattro milioni e mezzo, il 7,2% della popolazione, una percentuale che supera per la prima volta la media europea (6,2%). Dal 1998 al 2008, la crescita è stata del 246% e se il trend resterà invariato, come prevede l'Istat, nel 2050 gli italiani di origine straniera saranno oltre 12 milioni.

I lavoratori stranieri sono circa due milioni e producono il 10% del Pil nazionale. I vantaggi dello Stato sono visibili da altri numeri: gli immigrati versano ogni all'Inps sette miliardi di euro e pagano al Fisco una cifra che supera i 3,2 miliardi di euro. Inoltre, ogni cento neonati in Italia, ormai più del 12% ha un almeno un genitore straniero.

(28 gennaio 2010)

Fonte: Repubblica

mercoledì 27 gennaio 2010

Unire le forze a sinistra

Unire le forze è la domanda costante della Sinistra diffusa, popolare, di base
che si misura quotidianamente con la violenza di questo modello economico, che si oppone al dissolvimento dei principi costituzionali e vuole essere parte di un riscatto collettivo della giustizia sui privilegi, della libertà dal bisogno sulla tirannia dei consumi, della partecipazione democratica sull’egemonia dei leader.
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Non possiamo che condividere la recente presa d’atto dei partiti della Sinistra della “necessità di un maggior coordinamento tra le forze di opposizione” in vista delle prossime elezioni regionali ma resta forte la preoccupazione per la loro incapacità di comprendere la tragicità della situazione in cui versa la Sinistra in Italia.
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Non è più credibile sentire incessantemente parlare dell’avvio di processi unitari, di pratiche inedite che immancabilmente naufragano, lasciando solo aspettative deluse e tensione.
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Se il coordinamento che si persegue fosse solo finalizzato ad una convergenza di voti - per strappare una sopravvivenza nelle istituzioni e tornare a confliggere dopo il passaggio elettorale – questa operazione non riuscirebbe ad appassionare alcuno di quella Sinistra diffusa ancora disposta a spendersi.
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Chiediamo perciò che i partiti della Sinistra abbandonino le logiche autoreferenziali e verticistiche che hanno ridotto la base elettorale ai minimi storici, contribuito all’astensionismo strutturale e alla crescita dell’antipolitica.
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Chiediamo di fare uno sforzo di ricomposizione, impostando una strategia a lungo termine, che armonizzi i contenuti alle forme, in un progetto organico di società.
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Una sinistra unita che sia capace di ripensare e ricostruire nel presente i contenuti e le categorie che appartengono al bagaglio culturale e storico di tutta la Sinistra attraverso:
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- la ricerca di un ACCORDO PROGRAMMATICO che individui le seguenti priorità irrinunciabili della Sinistra:
  • difesa della Costituzione e dei fondamenti della nostra Repubblica;
  • affermazione di un modello di buona economia che investa nell'incontro tra ambiente, lavoro e salute come ricetta anche contro la crisi economica, per garantire dignità, occupazione, giuste retribuzioni, solidarietà;
  • sicurezza fondata sulla giustizia sociale e sul riconoscimento dei diritti di cittadinanza ad ognuno, indipendentemente da nazionalità, condizione, genere;
  • partecipazione democratica come presupposto di una comunità aperta e consapevole, plurale e multiculturale;
  • difesa dei beni comuni e dell’ambiente a partire dalla tutela dell’acqua mediante la ripubblicizzazione della gestione dei servizi idrici;
  • politica virtuosa della raccolta rifiuti ‘porta a porta’, del risparmio energetico, della bioedilizia, della filiera corta, come processo non tecnico ma culturale e politico di buone pratiche ambientali, tipiche di una comunità consapevole e responsabile dei propri consumi e stili di vita.

- la presentazione di una LISTA UNITARIA DELLA SINISTRA come segno di una soggettività ritrovata, determinata a ricercare, anche nel confronto con le altre forze di centro-sinistra, le condizioni di un progetto politico di difesa della democrazia e della giustizia per la nostra comunità;

- la SCELTA PARTECIPATA DELLE CANDIDATURE ‘UTILI’ mediante metodo di consultazione democratica non chiusa né riservata alle sole forze residuali della Sinistra organizzata. Vogliamo una consultazione ampia e aperta in grado di coinvolgere e rimotivare quella moltitudine di compagni che oggi sono fuori dai partiti.

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Non chiediamo un’operazione che parli alla base ma un’operazione che ascolti la base e che la sappia riconoscere negli iscritti ai partiti come in coloro che non hanno tessere, nei movimenti, nelle associazioni e nelle tante forme, modi e pratiche in cui oggi si esprime l’impegno sociale e civile di molti compagni e compagne.


Chiediamo che i partiti della Sinistra diano prova tangibile di unità
trasferendo, nel governo della Regione, quella che in Toscana è già pratica concreta
nelle molteplici esperienze di sinistra plurale, coesa nella comune mobilitazione dentro le istituzioni e nella comunità diffusa.

lunedì 25 gennaio 2010

Dichiarazione di Ferrero su primarie Puglia

FERRERO (FEDERAZIONE DELLA SINISTRA): LA SINISTRA UNITA VINCE IN PUGLIA SUI RICATTI CENTRISTI
Roma, 24 gennaio 2010.ore 23.23

Comunicato stampa.

Dichiarazione di Paolo Ferrero, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra.


FERRERO (FEDERAZIONE DELLA SINISTRA): LA SINISTRA UNITA VINCE IN PUGLIA SUI RICATTI CENTRISTI

La vittoria che si va delineando da parte di Nichi Vendola nelle primarie pugliesi, ci dice come la sinistra unita possa vincere sui ricatti centristi. Questa vittoria va inoltre letta unitamente all’ottimo risultato di Gian Franco Bettin a Venezia. Non male per forze politiche che sono oggi fuori dal parlamento. Voglio sperare che la ritrovata unità che ha reso possibile la vittoria di Vendola e l’ottimo risultato di Bettin possa essere estesa in tutta Italia.


Ufficio stampa Prc-SE

domenica 17 gennaio 2010

Morti in carcere, manifestazione nazionale a Livorno


PRC-PDCI: Oggi bella manifestazione, un fatto nuovo e un nuovo impegno a proseguire

Stamani Livorno, in una giornata di sole, è stata teatro di una bella manifestazione, appassionata, sentita, partecipata.
Centinaia di donne e uomini provenienti da varie realtà d'Italia hanno raccolto l'appello alla mobilitazione che, per la prima volta, tutti insieme i genitori dei ragazzi uccisi in questi ultimi anni nelle carceri o nelle piazze italiane dalla violenza di alcuni settori delle forze dell'ordine, hanno lanciato al paese.
Questi genitori e parenti hanno gridato con forza, tutti uniti, che in uno Stato veramente democratico non si può morire, in un modo tanto drammatico e brutale quanto inconcepibile, per mano di qualche servitore dello Stato che, invece della Costituzione, ha servito quella pulsione di repressione e di distruzione del "nemico" che in questi tempi terribili chi gestisce il potere ha inoculato, a piene mani, nella società per poterla tenere sotto il proprio tallone d'acciaio.
E' un fatto importante che per questa prima volta si sia scelto Livorno per mandare questo messaggio di unità e determinazione.
E Livorno ha risposto positivamente: con i tanti che hanno partecipato al corteo, con chi applaudiva dalle finestre, con chi osservava incuriosito, ma solidale, al passaggio del corteo, magari un po' perplesso per l'impressionante dispiegamento di forze dell'ordine, inedito e surreale per una realtà come la nostra e anche per le dimensioni della manifestazione.
Anche i comunisti erano presenti con una tanto folta quanto discreta presenza di compagne e compagni che si sono stretti intorno a queste famiglie per condividere l'impegno a continuare la lotta nella ricerca della verità e della giustizia.
Per coloro che oggi non ci sono più e perché i responsabili di tali nefandezze possano finalmente pagare il prezzo per il troppo sangue che, in questi anni, hanno versato.

Livorno, 16 gennaio 2010

Alessandro Trotta (segretario PRC - Fed. di Livorno)
Michele Mazzola (segretario PDCI - Fed. di Livorno)




venerdì 8 gennaio 2010

Intervista a Paolo Ferrero segretario nazionale di Rifondazione Comunista

Liberazione, 31 dicembre 2009

"UN FRONTE UNITO DELLE OPPOSIZIONI PER SALVARE LA COSTITUZIONE"


Nonostante Berlusconi e il suo governo abbiano fatto di tutto per minimizzarla, per gli italiani è la parola “crisi” che rappresenta il 2009. Sarà così anche il 2010?

Quest’anno è stato sicuramente caratterizzato dalla crisi. Che è una vera e propria crisi di sistema: una crisi del capitalismo, tutt’altro che finita. La situazione finanziaria è lungi dall’essere stabilizzata, come dimostra la vicenda recente del Dubai. Sul piano della produzione non si ravvisa nessuna ripresa significativa; né non si capisce dove e come potrebbe realizzarsi, dal momento che la prima ragione della crisi, cioè l’estrema disparità dei redditi è stata accentuata dalla crisi stessa. E dal punto di vista occupazionale la crisi è appena cominciata: il 2010 sarà l’anno in cui precipita. Il 2009 è stato un anno di svolta. Fino al 2008 si era declamata la globalizzazione. Nel 2009, invece, vent’anni dopo il crollo del socialismo reale, c’è stato il crollo del capitalismo globalizzato, che era stato rilanciato proprio dalla fine di quella vicenda. Altro che fine della storia di cui parlava Fukuyama 20 anni fa.

Anche perché per effetto della crisi c’è stata anche una ripresa dei conflitti sociali…

Una ripresa che vede ampliare le lotte sia quantitativamente che qualitativamente. C’è il classico conflitto per la difesa del posto di lavoro, ma c’è anche la crescita dei conflitti degli studenti e delle professioni legate ai saperi sociali. E poi c’è stata la manifestazione del 5 dicembre. Che non va archiviata troppo in fretta e segnala l’emergere di una nuova generazione di intellettualità precaria che pone in termini molto radicali la questione dell’alternativa.

Il maggior partito di opposizione, il Pd, è stato piuttosto freddo e diffidente rispetto al 5 dicembre. Come valuti l’indirizzo adottato con l’elezione di Bersani alla segreteria?

Mi sembra che si possa dire che il 2009 sia stato l’anno della verifica dell’insipienza e della crisi strategica del Pd. La vittoria di Bersani alle primarie sembrava aver risolto la difficoltà, ma invece le vicende più recenti dimostrano che i problemi rimangono enormi. Dopo che la manifestazione del 5 dicembre aveva chiesto un’opposizione netta e limpida all’indirizzo di Berlusconi e delle riforme ad personam, dopo che le mobilitazioni dei lavoratori hanno invocato un cambio di indirizzo radicale nella politica economica, il Pd non trova di meglio che proporre l’inciucio per fare le riforme.

Con quali esiti possibili?

O il Pd beve, approvando quindi una riforma indecente insieme alla destra berlusconiana. Oppure a un certo punto rompe perché la proposta è indigeribile. Ma a quel punto avranno costruito tutti gli argomenti sulla centralità delle riforme, in modo da consentire a Berlusconi di andare avanti anche da solo. Perché se ripeti allo spasimo che il tema delle riforme è centrale, anche nel momento in cui si producesse una rottura, a quel punto il governo sarebbe legittimato a andare avanti da solo in nome dell’interesse della nazione. Quindi si tratta di una vera follia. E’ un atteggiamento che comunque rafforzerà Berlusconi e dividerà l’opposizione, creando solo pasticci.

A proposito di unità dell’opposizione, la ricerca di un dialogo unitario con il Pd è stata una delle scommesse principali di Sinistra e Libertà. Tuttavia anche le vicende più recenti e il caso Puglia dimostrano la difficoltà di rapportarsi al Pd…

Secondo me in quest’anno si è potuto constatare anche il fallimento del progetto di Sinistra e libertà. E’ nata in nome del dialogo col Pd e dell’internità strategica al centrosinistra, ma la vicenda pugliese dimostra come con questo Pd si è considerati subalterni oppure si è di ostacolo. Questo dimostra come la scissione da cui è nata Sl per un verso sia stata dannosa, in quanto ha fatto venir meno il quorum alle europee, e per l’altro si sia realizzata su un indirizzo politico privo di fondamento. Mi pare evidente, infatti, che il problema sia quello di costruire un’alternativa alla linea di questo centrosinistra.

In quest’ottica consideri che il Prc abbia fatto passa avanti significativi?

Il 2009 è stato sicuramente segnato in positivo dal progetto di Federazione della sinistra, per provare a dare una risposta da sinistra alla crisi. Quindi un processo di aggregazione chiaramente e strategicamente alternativo a quello del Pd e al bipolarismo, che si ponga il problema di unire tutte le forze disponibili sul terreno dell’alternativa.

Con quale futuro per Rifondazione? E quale il bilancio del 2009?

Rifondazione rimane per l’oggi e per il domani. Quanto al bilancio, in primo luogo abbiamo fatto fronte alla scissione e lavorato a rilanciare un progetto politico non di resistenza né di testimonianza: un progetto politico che abbiamo individuato nella centralità del lavoro sociale, che in quest’anno ha fatto passi avanti e deve avere come obiettivo la costruzione di un fronte che sia in grado di allargare e politicizzare il conflitto sociale collegando le diverse lotte. In secondo luogo ci siamo resi protagonisti di un processo di aggregazione a sinistra, senza velleità di autosufficienza e settarismo, con l’obiettivo di realizzare un polo politico alternativo e non subalterno alla linea del Pd. Lavoro sociale e aggregazione a sinistra si devono poi saldare con la capacità di agire con forza contro la manipolazione della Costituzione e contro l’uscita a destra dalla crisi della seconda repubblica, che è la vera questione in discussione oggi. Contro l’idea di Berlusconi che cambia la Costituzione da solo e contro quella dell’accordo tra Pd e Pdl, noi proponiamo un’altra strada: un fronte unito delle opposizioni, che si ponga l’obiettivo di sconfiggere Berlusconi e di uscire in positivo dalla crisi della seconda repubblica con il superamento del bipolarismo e la costruzione di una legge elettorale proporzionale.

Da una parte la Federazione strategicamente alternativa al Pd, dall’altra un fronte democratico delle opposizioni: non sono due obiettivi in contraddizione tra loro?

Assolutamente no. Lavoro sociale, aggregazione a sinistra, proposta sul versante della democrazia: questo indirizzo su tre direttrici prende atto che non c’è un fronte politico che sia in grado di fare insieme la battaglia sia sul piano sociale che su quello della democrazia. Quindi dobbiamo essere in grado di articolare la proposta, in modo che abbia interlocutori a geometria variabile. Non possiamo sacrificare la battaglia sociale in nome di un frontismo democratico, come non possiamo rimuovere la questione democratica in nome della battaglia sociale. Sapendo che gli interlocutori sono differenti. E che, per esempio, la battaglia referendaria contro la legge 30 non è solo contro Berlusconi ma contro Confindustria e alcune delle stesse forze a cui proponiamo il fronte per la democrazia. Ma non è contraddittoria la nostra linea, è complicata la realtà: perciò occorre una linea complessa, non minoritaria, in grado di avanzare su ogni punto.

Con quali auspici per il 2010?

In primo luogo allargare il lavoro contro la crisi e politicizzare il conflitto sociale: solidificare un tessuto di lotte che vada al di là di quella per il singolo posto di lavoro. In secondo luogo riuscire a costruire un progetto di uscita dal capitalismo in crisi. Un progetto che abbia una sua forma e una sua comunicabilità. E che necessita di gambe; perciò dev’essere anche l’anno della costruzione della Federazione della sinistra. Fino adesso la nostra discussione, anche dentro il Prc, ha riguardato il tenere aperta un’ipotesi di trasformazione dentro la globalizzazione neoliberista. Oggi il problema è costruire un’alternativa alla crisi capitalistica, che tende a manifestarsi come crisi di civiltà. Dopo 20 anni di devastazioni culturali ci troviamo infatti in una situazione in cui la crisi del capitale si presenta come crisi di civiltà e i soggetti che la subiscono non danno automaticamente una risposta in termini di conflitto di classe, ma che si impasta con ideologie reazionari e razziste. La costruzione di un progetto vuol dire in primo luogo costruire un quadro analitico convincente di quel che accade e in secondo luogo prospettare una strada con molta nettezza.

Quale strada?

Riallargare i confini su cui si esercita la democrazia. Perché oggi le scelte democratiche si esercitano unicamente su terreni che hanno poco a che vedere con la vita delle persone. Invece bisogna fare in modo che le scelte economiche siano determinate dal volere dei popoli, allargando l’esercizio della democrazia. Questo significa porre innanzitutto il tema dell’intervento pubblico in economia, che non vuol dire riproporre lo statalismo, ma un intervento pubblico strettamente intrecciato al controllo dal basso e a una democrazia partecipata. Un intervento che non sia finalizzato allo sviluppo senza aggettivi, ma a una riconversione ambientale e sociale dell’economia, che quindi faccia i conti fino in fondo con i limiti delle risorse e con la necessaria costruzione di un tessuto sociale non disgregato. Che è anche un fattore di sicurezza. Questo di fronte a destra che usa la disgregazione sociale per far crescere un populismo autoritario e reazionario.

E per le prossime regionali la strada dove conduce?

Proponiamo che le regioni rispondano alla crisi per quanto compete loro: attraverso la qualificazione dell’intervento in economia, la lotta alle delocalizzazioni e la difesa del lavoro e dei diritti sociali. Questo a partire da un personale politico che sul piano morale sia inappuntabile. Su questa base proponiamo a tutte le forze della sinistra di alternativa la costruzione di liste unitarie della sinistra di alternativa alle regionali, in modo da realizzare una massa critica sufficiente a pesare. Per questo sosteniamo Vendola in Puglia e chiediamo a Sinistra e libertà di fare una battaglia comune contro coalizioni che si qualificano per l’anticomunismo come vorrebbe fare Penati in Lombardia.

sabato 2 gennaio 2010

Attivo cittadino

Si convoca per martedì 5 gennaio alle ore 21:00 presso i locali della federazione l'attivo cittadino, congiunto con i compagni dei comunisti italiani, con il seguente ordine ordine del giorno:
- iniziative in previsione del 21 gennaio.
Saluti comunisti
La segreteria